“Noi Hibakusha sappiamo che se un’arma nucleare viene usata per la terza volta, non significherà fermare la guerra, ma mettere fine alla vita sulla nostra terra“. Così all’Adnkronos Masako Wada, un’Hibakusha di Nagasaki, ovvero una delle poche testimoni ancora in vita dell’esplosione della bomba atomica del 1945, quando aveva appena 22 mesi, commenta gli eventi in Ucraina e la minaccia dell’utilizzo di armi nucleari. “Vorrei chiedere a Putin: ‘Conosci il vero effetto dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki? Cosa pensi di ottenere da una terra deserta?'”.
Wada Masako aveva 22 mesi quando Nagasaki venne devastata dalla bomba atomica. La sua casa si trovava a 2,9 chilometri dal centro dell’esplosione. Era in casa con sua a madre e sua nonna, quel 9 agosto, quando alle 11.02 si sentì il boato dell’esplosione e in un momento “i vetri delle finestre, le porte scorrevoli e le pareti della casa sono esplose, non è rimasto che 30 centimetri di fango e polvere. Un fumo arancione velava tutto. Gli alberi da verdi divennero marroni. Le persone in fuggivano dal fuoco, come formiche oltre la montagna che si riversavano verso la nostra zona, i corpi coperti da pochi brandelli di vestiti bruciati, i capelli arruffati dal sangue. Il lotto di terreno vuoto accanto alla nostra casa divenne un luogo di cremazione, dove venivano raccolti i cadaveri trasportati dentro carriole per essere inceneriti giorno dopo giorno”.
“Mia madre – ricorda – raccontava sempre di essere diventata, a un certo punto, insensibile anche al fetore dei corpi bruciati. Aiutava il personale medico in un centro di soccorso temporaneo e di essere svenuta alla vista delle vittime con orribili ustioni e ferite. Tra i suoi compiti – ricorda – c’era quello di usare la scopa per rimuovere le larve che brulicano sulle ferite delle vittime. Erano tantissime e grandi come un pollice”. La madre di Wada Masako è morta 11 anni fa all’età di 89 anni. È entrata e uscita dall’ospedale 28 volte a causa di numerose malattie, tra cui problemi cardiaci, cancro allo stomaco e cancro al fegato. “E’ morta – racconta – pensando che nessuna parola avrebbe mai potuto descrivere l’inferno a cui aveva assistito”.
“Prego dal profondo del mio cuore per la pace dell’Ucraina e del mondo” dice. “Quando ho appreso la notizia dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia- racconta Wada – ho provato un profondo dolore per l’umanità e ho sentito di nuovo le parole che le guerre instillano nella mente degli uomini. Anche se il presidente Putin avesse avuto una buona ragione per prendere la sua decisione, sarebbe stata comunque la sua scusa egoistica ad una ambizione inaccettabile. Uccidere ed essere uccisi è il presupposto della guerra, Putin non ha il diritto di trattare le vite degli altri con tanta leggerezza“. “Ai leader coinvolti nel conflitto, vorrei dire loro di cercare di continuare i negoziati in vari modi e il più a lungo possibile per fermare la guerra“.