In Italia già 44mila rifugiati, permesso di un anno

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Tre milioni di rifugiati, di cui oltre 44mila in Italia, 5.000 in più in sole 24 ore: crescono giorno dopo giorno i numeri dei profughi ucraini, e proprio perché al momento la maggior parte trova accoglienza a casa di parenti, conoscenti o generosi volontari, le Regioni tornano a chiedere un supporto anche economico dello Stato a favore delle famiglie che si fanno carico di un piccolo frammento della tragedia della guerra.

Il Governo sta lavorando in queste ore a un decreto legge che dovrebbe definire la governance del sistema dell’accoglienza, ma soprattutto stanziare nuovi fondi, dopo i primi 10 milioni del 28 febbraio. Un provvedimento che potrebbe, appunto, prevedere incentivi per le famiglie che ospitano gli ucraini in fuga. E anche il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio si dice a favore di un ampio coinvolgimento del terzo settore e dei privati, piuttosto che del modello-tendopoli, “una extrema ratio”.

Per i profughi intanto, così conferma una bozza del dpcm Ucraina, sarà garantita una protezione temporanea di un anno; stessa durata per il permesso di soggiorno, rinnovabile di sei mesi in sei mesi, che darà accesso alla sanità e alla scuola.

I numeri complessivi della questione rifugiati sono senza precedenti: a quanto riporta il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si potrebbe arrivare fino a 5 milioni in Europa. Finora 1,8 sono arrivati in Polonia e 422mila in Romania. Sono 340mila quelli giunti in Moldavia, lì dove oggi il titolare della Farnesina ha firmato un progetto da 10 milioni di euro tra i due Paesi, in collaborazione con Unhcr, proprio per il sostegno ai rifugiati più fragili. Ma le cifre con cui ha a che fare il governo di Chisinau sono per ora lontane da quelle di Roma, 44 mila, perlopiù diretti verso amici e familiari nelle grandi città. Ma senza dubbio aumenteranno.

Nella macchina dell’accoglienza sarà allora decisiva la “rete esterna” ha detto Curcio ad ‘Avvenire’: “Vogliamo stipulare accordi nazionali con le ‘associazioni di secondo livellò, che hanno una presenza capillare sul territorio e che coinvolgono in modo efficace le famiglie” ha affermato ancora il capo dipartimento della Protezione civile.

Questo perché “associazioni e realtà del Terzo settore assicurano qualità e sicurezza delle relazioni”. Fanno da filtro, in sostanza: “Dobbiamo sapere – ha aggiunto – in quali comunità e in quali case andranno le persone che passano i nostri confini”. Il sentire comune dei governatori è che però questo sforzo vada sostenuto dallo Stato: ieri il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che sul suo territorio ospita già quasi 10 mila ucraini, aveva chiesto un contributo economico a chi mette a disposizione un tetto ai rifugiati; oggi è tornato a ribadirlo il presidente della Provincia di Bolzano Arno Kompatscher.

Al governo è stato anche chiesto di prevedere delle risorse per le spese aggiuntive che dovranno sostenere Regioni e Province. Il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, intanto, ha convocato una riunione per domani a mezzogiorno, e sul tavolo ci sarà anche la questione Ucraina. Anche perché dai territori sta salendo “una ondata di solidarietà che va assolutamente assecondata, valorizzando il ruolo dei Comuni” ha detto a ‘Repubblica’ il sindaco di Bari e presidente Anci Antonio Decaro.

Bisogna fare squadra, il suo appello, “come per il Covid”. Il suo telefono, spiega, “sta esplodendo” di chiamate e messaggi “di cittadini che chiedono come aiutare” e sono i sindaci i soggetti più in grado “di intercettare le offerte delle famiglie e di individuare più velocemente le strutture ricettive in aggiunta ai centri già esistenti”. Anche perché se è vero che per ora solo una piccola parte dei profughi circa 2000 – sono stati accolti dalle reti Cas-Sai del Viminale, “i posti non sono tanti e le città rischiano di entrare in emergenza” ha proseguito Decaro. Da qui, anche dal leader dell’Anci, la proposta di coinvolgere il terzo settore e di immaginare un “incentivo economico” per l’accoglienza, magari “riconosciuto ai profughi”.

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