Figure mondiali

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Molti non se ne sono accorti ma, quest’anno, lo scherzo del primo aprile è stato crudele.

Qualche buontempone ha pensato di fare girare la notizia sull’imminente ripescaggio della nazionale italiana ai mondiali. Questo perché, in Iran, hanno pensato di non fare entrare 2000 donne allo stadio che hanno un problema, secondo la visione degli ayattollah: non essere uomini.

Diciamolo subito: un ripescaggio, se fosse vero, sarebbe ridicolo. 

Intanto l’Iran non è Europa. Quindi, fuori l’Iran entrerebbe una squadra di quel continente, mica una a capocchia di un altro.

Ma soprattutto: perché dobbiamo sempre fare i conti con le emergenze?

Già, perché è di questo che parliamo: c’è un qualsiasi problema? Si risolve dopo forse per il futuro. 

Come con la nazionale. 

Rivalutando il commissario tecnico sVenturato precedente, la mancata qualificazione di 4 anni fa era dovuta, con tutto il rispetto per Svizzera e Macedonia del Nord, a nazionali ben più quotate come Svezia e Spagna.

Mancini ha riportato un titolo, come quello continentale, dopo mezzo secolo ma è riuscito anche nell’impresa mai accaduta: i campioni d’Europa in carica che non vanno al mondiale.

La differenza? La buona stampa di cui gode Mancio e la cattiva di cui fruisce l’ex tecnico del Bari.

La via di mezzo? Vedere un cambiamento vero della mentalità.

Il campanello d’allarme di una riforma del sistema, che appare troppo infarcito di stranieri, generalmente pedovalanza a basso costo, non è stato affrontato.

Le giovanili rimangono un complesso economico che premia l’elite di genitori capaci di spendere e considerare i pargoli neo-Maradona, spesso incompresi, come a scuola.

La serie A un campionato dove fanno faville anche campioni di 40 anni e dove arrivano player di livello solo fruendo delle agevolazioni fiscali.

I debiti, le plusvalenze, i diritti TV, tutto molto commerciale, tutto meno che calcio.

Certo, non possiamo fare i filosofi: non siamo più nel 1982 con Gentile che marcava Maradona e Paolo Rossi; non siamo neanche nel 2006 con i tanti campioni di qualità provenienti da grandi squadre che spadroneggiavano anche in Europa.

Siamo in un periodo nel quale l’attaccante della nazionale gioca nel Sassuolo e la Scarpa d’Oro Immobile assume le sembianze del cognome quando vede l’azzurro e non il celeste laziale.

Diciamocelo apertis verbis: l’Italia è questa. Discriminante con i CT, pazza come Campioni che perdono con la Macedonia, piagnucolanti come nelle sceneggiate napoletane.

GIANPAOLO SANTORO

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