Il governo della Repubblica della Namibia si è attivato con un progetto da 8,3 miliardi di euro, che durerà 40 anni, per la costruzione di un mega elettrolizzatore per la produzione di idrogeno verde. Il costo equivale al Pil annuale del grande Paese africano che si affaccia a sud-ovest sull’Oceano Atlantico, che è il meno corrotto fra gli altri e quindi i costi non dovrebbero lievitare. Il bando è stato vinto nel novembre scorso dalla Hypen Hydrogen Energy, società creata dalla britannica Nicholas Holdings Ltd, e dalla tedesca ENERTRAG ServiceGmbH. L’investimento prevede la costruzione di una centrale elettrica da 5GW, energia prodotta da un mix di eolico e solare. La capacità di elettrolisi è di 3GW con una capacità di produzione di 300 mila tonnellate di idrogeno verde all’anno. Sono previsti 15 mila posti di lavoro per circa 5 anni per costruire gli impianti e i porti per il trasporto, e un impiego di 3 mila posti di lavoro stabili.
Come già scritto in un precedente articolo intitolato “Idrogeno verde”, pubblicato su questa testata giornalistica, l’elettrolisi è il processo estrattivo dell’idrogeno dall’acqua (H2O), di solito marina, che quindi prima deve essere desalinizzata. L’acqua viene attraversata da una corrente continua a basso voltaggio, e in tal modo si forma ossigeno gassoso all’anodo e idrogeno gassoso al catodo; elettrodi generalmente di platino e iridio, metalli di cui la Namibia è ricca. Come scrivevo nell’articolo sopra citato, a seconda dell’energia usata per tale processo estrattivo, all’idrogeno prodotto viene assegnato convenzionalmente un diverso tipo di colore. Il verde è quello più ecologico perché per l’estrazione si usano fonti rinnovabili quali appunto l’eolico e il solare. La gamma cromatica usata va dal grigio, per produrre il quale si usano solo fonti non rinnovabili con un impatto ambientale relativo all’emissione di CO2 molto alto, al blu, al viola e, appunto, al verde con zero emissioni di CO2. La Namibia si presta benissimo per l’utilizzo di queste fonti rinnovabili giacché le sue zone costiere hanno vento costante e i due terzi del suo territorio ha una irradiazione solare di 2.700 kWh/m2, con una media di 9 ore al giorno di sole per circa 3.300 ore annue. Si pensi che il sud Italia (Sicilia, Calabria e Sardegna) arriva a 2.600 ore di irradiazione solare annua.
Gli studi di fattibilità dicono che la produzione di idrogeno verde in Namibia ha un costo di circa 1,30-1,75 €/Kg, invece dei 3,50 € di altri Paesi; costi che comprendono anche la desalinizzazione dell’acqua marina che incide soltanto per l’1 %. L’Hypen prevede di iniziare a produrre idrogeno verde a partire dal 2025. Le voci critiche dicono che comunque il progetto avrà il suo impatto ambientale poiché richiede grandi estensioni di terreno e quindi la corsa all’accaparramento di questi che in prevalenza sono di tipo desertico. La Namibia, infatti, lo Stato sovrano che ha fra l’altro la più bassa densità di popolazione dopo la Mongolia, ha appena 3,3 abitanti per ogni Km/quadrato su un’estensione di 825.418 Km/quadrati. Con i suoi 2,7 milioni di abitanti, il territorio di questo Stato è costituito in prevalenza da due deserti: il Namib e il Kalahari. L’impianto elettrolitico di Fukushima, che produce 900 tonnellate di idrogeno verde l’anno, occupa 18 ettari di terreno; per cui quello della Namibia che ne produce circa 350 volte tanto, necessita circa di 6.300 ettari di arido e assolato deserto, altrimenti del tutto inutilizzato. Quindi appare un falso problema la corsa all’accaparramento di terreni aridi e anche dell’acqua che verrebbe estratta e desalinizzata dall’Oceano. Piuttosto, ce ne vorrebbero di Paesi come la Namibia per produrre le quantità di idrogeno verde necessario per la transizione verde, dai fossili inquinanti all’idrogeno quale carburante per uso industriale e per i trasporti, il quale notoriamente produce acqua come prodotto di scarto e non CO2 e altri gas dannosi per la salute della popolazione e dell’ambiente. Il vero problema a mio avviso è l’avere introdotto nella tassonomia verde il gas e il nucleare da parte dell’Ue. Alla faccia della transizione ecologica!
Angelo Lo Verme