Lituania il Paese che si sta preparando al conflitto

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La guerra in Ucraina prosegue ormai da quasi quattro mesi e anche se l’estate ha abbassato l’attenzione generale nei confronti degli eventi in corso, tra le parti in gioco continua una strategia di tensione e scontro aperto sempre più esteso. In tal senso, la nuova tensione parte dalla Lituania che, seguendo le direttive europee, lo scorso 18 giugno ha vietato il transito ferroviario delle merci soggette a sanzioni dalla Russia verso Kalinigrad e viceversa.

La decisione ha aumentato la tensione tra Russia e Lituania e quindi tra Russia e Nato. Questa situazione è diventata argomento da talk show in Russia, dove la propaganda di Stato fornisce tutti gli ingredienti d’odio per giustificare l’invasione in Ucraina e un generale atteggiamento anti occidentale. Nella tv russa è stata già trovata una possibile soluzione: l’apertura di un corridoio tra Bielorussia e Kaliningrad.

L’agenzia di stampa statale russa Tass ha riportato le parole del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, sul divieto di transito in Lituania dei prodotti provenienti dalla Russia verso Kalinigrad. Secondo Peskov la decisione presa senza precedenti è illegale.

I rapporti tra Lituania e Russia, compresa quindi l’exclave di Kaliningrad, non sono mai stati dei migliori. Nel corso degli anni sono peggiorati insieme alla violenta politica estera russa, il cui picco, prima dell’invasione e l’inizio della guerra contro l’Ucraina, era stata la presa della Crimea, ma non bisogna dimenticare le presenze militari della Russia in Siria ed anche in Libia.

Rapporti difficili e tensione tra gli schieramenti non sono un buon segno sullo scenario internazionale, soprattutto se i primi a parlare di ritorsione verso la Lituania sono proprio i russi, dopo il divieto di transito delle merci.

Dall’inizio del conflitto il mondo è costantemente sull’orlo di una guerra globale, con protagonisti Russia e i suoi alleati contro la Nato. In questo periodo di conflitto in Ucraina, la tensione massima è stata toccata in diverse occasioni, dagli scontri diplomatici allo scontro economico. Quest’ultimo è un nuovo caso poiché Kaliningrad è territorio della Russia.

Il blocco del passaggio dei treni dalla Lituania comprende le sanzioni applicate a carbone, metalli, materiali da costruzione e tecnologia avanzata. Anton Alikhanov, il governatore dell’exclave russa, ha affermato che il divieto copre circa il 50% degli articoli importati da Kaliningrad.

L’impatto è piuttosto consistente, ma non corrisponde a tutte le merci o alle persone, che possono continuare a transitare. Infatti la Lituania ha presto smentito le voci che volevano il blocco completo di transito, per ricordare che il divieto applicato fa parte delle disposizioni decise dall’Unione Europea contro la Russia, i suoi oligarchi e alleati.

Inevitabilmente,  Kaliningrad  non l’ha presa bene e attraverso le parole di Alikhanov ha chiesto alle autorità federali russe di adottare misure severe in risposta contro il paese dell’UE per aver imposto il divieto. La tv di Stato russa ha già iniziato a fare propaganda contro la Lituania, proponendo, tra le altre cose, la possibilità di creare un corridoio tra la Bielorussia e Kaliningrad.

La Russia ha chiesto alla Lituania di revocare immediatamente il blocco del transito di beni soggetti a sanzioni Ue verso l’exclave baltica di Kaliningrad, minacciando contromisure.

Il blocco copre così tra il 40% e il 50% dei beni che Kaliningrad scambia con la Russia attraverso la Lituania, come ha spiegato il governatore dell’Oblast. Alikhanov ha invitato la popolazione a non precipitarsi a svuotare gli scaffali e ha spiegato che i prodotti colpiti dalle restrizioni arriveranno via mare, sia pure in modo più lento e costoso.

Dopo aver convocato l’incaricata d’affari lituana ad interim a Mosca, Virginia Umbrasene, il ministero degli Esteri russo ha definito apertamente ostili le azioni di Vilnius e ha chiesto l’immediata cancellazione di queste restrizioni, a meno che il transito commerciale tra la regione di Kaliningrad e il resto del territorio della Russia non venga pienamente ripristinato nel prossimo futuro, la Russia si riserva il diritto di agire in difesa degli interessi nazionali, aggiunge la nota, che accusa la Lituania di aver violato i suoi obblighi legali internazionali, a partire dalla dichiarazione congiunta del 2002 della Federazione Russa e dell’Unione Europea sul transito tra la regione di Kaliningrad e il resto del territorio russo.

Toni molto più duri sono stati utilizzati da Andrej Klimov, vicepresidente della Commissione Esteri del Consiglio federale, la Camera alta russa, che ha evocato in modo esplicito il rischio di un conflitto armato. Secondo il senatore russo, quello di Vilnius è un comportamento inaccettabile che mette in pericolo l’intero blocco politico-militare della Nato e che, in assenza di una marcia indietro, scioglierà le mani di Mosca perché risolva il problema con ogni mezzo.

Klimov ha aggiunto: “L’Alleanza Atlantica, de jure avvia un blocco inaccettabile di un’entità costituente della Federazione Russa attraverso le mani di uno dei suoi paesi membri e quest’ultima può essere valutata come un’aggressione diretta contro la Russia, costringendoci letteralmente a ricorrere con urgenza a un’adeguata autodifesa”.

Una minaccia da non prendere sottogamba. Se Mosca decidesse di passare alle maniere forti e chiudere il corridoio di Suwalki, una striscia di 80 chilometri tra Polonia e Lituania che separa Kaliningrad dalla Bielorussia, le tre nazioni baltiche si troverebbero isolate. Le forze armate di Mosca e Minsk si esercitano da tempo per una simile eventualità.

Il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, al suo arrivo al Consiglio Affari esteri ha, da parte sua, accusato la Russia di mentire e ha specificato che il parziale blocco non è un’azione unilaterale bensì l’applicazione di un capitolo delle sanzioni Ue che entrava in vigore il 17 gennaio. Di fatto, non è impedito il transito di merci dalla Russia a Kaliningrad ma solo il trasporto dei beni di cui è ora vietata l’esportazione dall’Unione Europea alla Russia. Da Mosca obiettano però che i flussi sono diretti dalla Russia alla Russia. Una questione spinosa di non facile interpretazione, tanto che sabato scorso il viceministro degli Esteri lituano, Mantas Adomenas, aveva affermato di essere in attesa di chiarimenti dalla Commissione Europea sull’applicazione delle sanzioni europee al transito commerciale verso Kaliningrad.

Il ministero degli Esteri lituano, in una nota, ha puntualizzato: “Il trasporto di passeggeri e merci non soggetti al regime di sanzioni Ue da e per la regione di Kaliningrad prosegue attraverso il territorio della Lituania. La Lituania non ha imposto restrizioni unilaterali, individuali o aggiuntive a questo transito, la Lituania sta attuando in modo coerente le sanzioni dell’Ue”.

L’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, in conferenza stampa ha spiegato: “Conformemente alle sanzioni Ue ci sono restrizioni a importazioni ed esportazioni in relazione ad alcune merci, inclusa la proibizione del transito di quei beni nel territorio Ue. E la Lituania non fa altro che attuare le linee guida previste dalla Commissione, ma verificheremo ancora gli aspetti legali per assicurarci di essere in piena osservanza delle regole”. 

La Lituania, come gli altri paesi baltici, ha fatto parte dell’Unione Sovietica fino al 1991, quando conquistò la sua indipendenza, e per vari decenni il passaggio da una parte all’altra dell’exclave fu completamente libero e i contatti personali e commerciali frequenti. Le cose rimasero così anche per tutti gli anni Novanta, quando il governo lituano indipendente decise che i russi di Kaliningrad potevano entrare nel paese senza bisogno di passaporto.

Fino alla Seconda guerra mondiale Kaliningrad aveva fatto parte della Germania, si chiamava Königsberg ed era una delle più raffinate città prussiane, nota per i suoi magnifici palazzi e per essere il luogo di nascita del filosofo Immanuel Kant. Praticamente distrutta dalla guerra, fu ceduta all’Unione Sovietica, che contribuì alla sua devastazione e al suo impoverimento. Nel corso della Guerra fredda, Kaliningrad fu di fatto un gigantesco avamposto militare, sede della Flotta del Baltico (lo è ancora) e di decine di migliaia di soldati (oggi sono molti meno, si stima attorno ai diecimila). Kaliningrad ospitava, e ospita tuttora, armi nucleari, secondo le analisi di molti esperti occidentali.

Nel 2004, un articolo di Politico descriveva Kaliningrad come poco più che un enorme magazzino dello stato russo, dove tutto era più economico che nei paesi confinanti a causa dell’estrema povertà e del trattamento fiscale favorevole concesso dalla Russia, la criminalità organizzata era molto potente ed i casinò costituivano una delle attrattive principali per i turisti.

In questo contesto, finché fu possibile, gli abitanti di Kaliningrad approfittarono volentieri del fatto che si potesse viaggiare in Lituania senza passaporto: capitava di frequente che i ragazzi russi trascorressero i weekend estivi nei locali della capitale lituana Vilnius, che dista poche ore di macchina.

Le cose cambiarono alla fine del 2002, quando la Lituania e la Polonia entrarono nell’Unione Europea. A causa delle regole dell’area Schengen, il transito senza passaporti e visti fu interrotto, e cominciò un negoziato lungo oltre un anno tra Russia, Lituania e Unione Europea per garantire da un lato il controllo dei confini dell’Unione, e dall’altro il diritto degli abitanti di Kaliningrad di mantenere una connessione ininterrotta con la Russia.

Alla fine fu trovato un compromesso: la Lituania avrebbe emesso dei permessi temporanei, detti Documenti di transito facilitati, che avrebbero consentito il passaggio per il paese e che sarebbero stati facili da ottenere e a poco prezzo (uno dei problemi principali era che, data la povertà degli abitanti di Kaliningrad al tempo, richiedere un passaporto completo sarebbe stato troppo costoso per tante persone).

Per molto tempo i rapporti tra Kaliningrad e Lituania rimasero buoni e gli spostamenti frequenti. Si parlò perfino di eliminare la necessità di passaporti e altri documenti per il transito, attraverso un programma pilota.

Ma negli ultimi anni le cose sono peggiorate notevolmente, in concomitanza con la politica estera sempre più aggressiva di Vladimir Putin e con il peggioramento conseguente dei rapporti con la Lituania, che non ha mai smesso di sentirsi minacciata  dall’espansionismo russo. A partire dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, il governo lituano cominciò a fare controlli più serrati, e a progettare la costruzione di una barriera fisica al confine con Kaliningrad (che non fu mai realizzata).

Attualmente, la situazione dei treni che trasportano persone e merci da e per Kaliningrad è molto peculiare. Benché gli accordi tra l’Unione Europea e la Russia continuino a garantire il passaggio dei mezzi, i treni sono molto pochi (un centinaio al mese) e poco frequentati (trasportano poche decine di passeggeri alla volta), anche a causa delle restrizioni provocate dalla pandemia da coronavirus.

Ma sono considerati un possibile pericolo da parte del governo lituano, e sono attentamente sorvegliati. I treni e i passeggeri sono controllati sia all’ingresso sia in uscita dal paese, per evitare discrepanze nei trasporti e per assicurarsi che sui mezzi non viaggino soldati o persone sospette. La Lituania ha chiesto inoltre nuovi fondi all’Unione Europea per garantire la sicurezza, per esempio con elicotteri che sorvolino continuamente i treni.

Uno dei treni principali passa per Vilnius, la capitale, e nella stazione cittadina è stato predisposto un binario apposito esclusivamente per i collegamenti con Kaliningrad. La banchina è circondata da recinzioni, e non è accessibile né dalla stazione né dalla strada, per evitare che ci siano contatti con i passeggeri. I treni da e per Kaliningrad, che nel transito in Lituania sono trainati da locomotive lituane, si fermano a Vilnius una decina di minuti, ma i passeggeri non possono per esempio entrare in stazione per prendere una bevanda: devono rimanere sulla loro banchina. E solitamente, peraltro, dal treno non scende nessuno.

Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la Lituania è stato uno dei paesi europei più solidali con gli ucraini e critici nei confronti della Russia. Anche per questo, dalla fine di marzo le autorità che gestiscono le ferrovie lituane hanno messo in atto una forma di protesta contro la censura sui media russi di quello che sta succedendo in Ucraina: lungo le recinzioni che circondano la banchina della stazione in cui si fermano i treni di Kaliningrad hanno appeso enormi fotografie delle devastazioni compiute dai bombardamenti russi. Alcune sono piuttosto violente e mostrano edifici devastati e persone ferite gravemente. Sui cartelli c’è scritto, in russo: “Oggi Putin uccide i civili in Ucraina. Sei d’accordo con questo?”, e altre frasi del genere.

I cartelli sono numerosi, in modo che sia impossibile per i passeggeri dal treno non vederli. Mentre il treno è fermo a Vilnius, lo stesso messaggio viene ripetuto dagli altoparlanti alla banchina, con poche variazioni. Foto simili sono state esposte anche in altre città in cui il treno passa tutti i giorni.

Per il territorio che ospita il quartier generale della marina russa nel Baltico questo blocco alle importazioni rappresenta un problema di natura logistica, considerato il fatto che riceve le forniture critiche da Mosca via ferrovia, e gasdotto, per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico, che attraversano la Lituania.

Il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, partecipando al Consiglio Affari Esteri in Lussemburgo, ha detto: “Non stiamo facendo nulla di strano a Kaliningrad. Stiamo semplicemente applicando le sanzioni seguendo le linee-guida della Commissione. Il divieto di transito non si applica a tutti i beni, ma sulla nostra lista compare circa il 50 per cento del commercio russo”. 

Nel frattempo, la Russia sta gradualmente riorientando l’esportazione delle sue merci verso Paesi che non hanno imposto sanzioni a Mosca e comunque, nella situazione attuale, se non si fa nulla, l’economia russa tornerà ai livelli del 2021 tra una decina di anni secondo quanto ha detto Herman Gref, l’amministratore delegato della più grande banca russa, Sberbank, al Forum economico internazionale di San Pietroburgo. Una smentita in diretta di quanto affermato da Vladimir Putin sicuro che l’embargo stia avendo effetti molto limitati sull’economia del Paese. Il ceo di Sberbank, citato dall’agenzia Reuters, ha spiegato: “I Paesi che hanno colpito la Russia con le sanzioni rappresentano il 56% delle sue esportazioni e il 51% delle sue importazioni. La maggior parte dell’economia russa è sotto tiro. La minaccia tocca il 15% del prodotto interno lordo del Paese. Di conseguenza, e se non facciamo nulla potrebbe essere necessario circa un decennio per riportare l’economia ai livelli del 2021”. Gref ha chiesto una riforma strutturale dell’economia russa, esprimendo gli stessi concetti che il 18 aprile scorso ha già evidenziato Elvira Nabiullina, capo della Banca centrale russa, secondo la quale le restrizioni stanno colpendo duramente le imprese e le famiglie russe.

Le sanzioni sulle banche russe hanno in gran parte limitato le transazioni finanziarie con le controparti straniere, mentre alla Russia è stato impedito di ricevere attrezzature e parti essenziali per le sue industrie automobilistiche, energetiche e aeree. Secondo Gref, racconta la Reuters, le spedizioni di merci sono diminuite di sei volte, mentre il trasporto marittimo e aereo è stato ostacolato dalle sanzioni che hanno impedito alle compagnie aeree russe di volare verso ovest e alle navi battenti bandiera russa di entrare nei porti dell’Ue.

Le parole di Herman Gref,  trovano conferma anche nelle previsioni formulate pochi giorni fa dalla Banca Mondiale nel suo ultimo “Global economic prospect”, il report in cui vengono messe a punto le previsioni di sviluppo per ogni Paese o area economica del pianeta. La Banca mondiale assegna agli Stati Uniti una crescita a fine 2022 del 2,6%, all’area Euro e al Giappone del 2,5% ma un calo dell’8,6 per il pil della Russia. Il dato peggiore dell’intera economia mondiale.

E’ evidente che il gigante russo ha i piedi d’argilla ed è destinato a crollare, come tutte le dittature, insieme a tutti i sostenitori filo russi dei paesi occidentali. Nel frattempo continua a fare danni all’umanità in misura direttamente proporzionale alla sua durata.

Fonte: avantionline.it

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