Elezioni, può esserci un Parlamento senza vera opposizione: il rischio da scongiurare il 25 settembre

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Pragmatismo, contro avversari decisamente più forti per uomini e mezzi. Dopo oltre due anni di emergenza pandemica, declinata dalla nostra classe politica attraverso green pass e vaccini obbligatori, pena la sospensione dal posto di lavoro, la pletora di movimenti che, meritoriamente, si sono opposti a questo declino dei diritti dei cittadini nelle piazze non ha trovato la quadra per presentare liste unitarie alle prossime elezioni del 25 settembre. Non ci sarà, dunque, una rappresentanza univoca, pur nelle mille differenze di sensibilità, della legittima protesta di chi si è opposto ad uno stato di cose giudicato da molti incostituzionale.

Il quadro politico, aggravato dalla guerra russo-ucraina in corso, si presenta, per la verità, senza troppe sorprese. Ci sono, apparenti duellanti, un centrodestra a guida meloniana, con Salvini, Berlusconi e centristi vari a rimorchio, contro Letta ed i suoi accoliti di sinistra, come Bonelli e Fratoianni, affiancati dalla Bonino e da Di Maio. Nulla, in realtà, distingue queste realtà sul piano della politica estera ed economica, veri pilastri di questa campagna elettorale. Entrambi gli schieramenti, infatti, come anche i Cinque Stelle e l’inedita alleanza Calenda-Renzi, si professano filo-europeisti e rivendicano l’appartenenza dell’Italia alla Nato, professando un incondizionato atlantismo ed un liberismo in economia senza veri freni.  

Per chi guarda fuori da questa palude, le opportunità sulla scheda elettorale non mancheranno, e bisognerà scegliere con cognizione di causa, puntando al superamento della soglia del 3% dei voti da parte di almeno una delle liste disponibili, per far sì che il dissenso sia rappresentato in un Parlamento che si preannuncia altrimenti orfano di una vera opposizione allo status quo.

Posto che rifugiarsi nell’astensionismo è una strada suicida, perché chi governa da sempre del non voto se ne frega e continua a portare innanzi i propri affari, chi vede un’Italia fuori, a lungo termine, dall’Euro e dalla Nato deve scegliere, sondaggi alla mano, da quale forza delle tante disponibili, e colpevolmente separate, tentare di farsi rappresentare dentro il palazzo.

C’è, secondo i numeri ad oggi disponibili (sempre da prendere con le pinze) un’Italexit con Paragone in bilico sulla soglia del fatidico 3%, anche per la colpevole assenza della lista nel Molise, mentre le altre forze che per comodità definiremo “anti-sistema” paiono ben lontane da quel traguardo: da Italia Sovrana e Popolare fino a Vita, passando per Unione Popolare con De Magistris ed Alternativa per l’Italia. Tutte, sia chiaro, possibilità meritorie per un elettore che non voglia regalare il proprio voto ai soliti noti.

Ma il rischio evidente, come nel caso della scelta astensionista, è quello di svegliarsi tutti quanti, la mattina di lunedì 26 settembre, con tutte queste liste sotto il 3% e senza alcuna rappresentanza politica e parlamentare del dissenso.

La lotta, beninteso, continuerebbe fuori dal palazzo. Ma si sarebbe persa, indubbiamente, un’occasione importante per rappresentare pubblicamente un popolo stanco delle vessazione subite dalla vecchia politica. Riflettere ed agire consapevolmente, nell’urna elettorale, il 25 settembre, resta, per ora, l’unica cosa da fare. 

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