Il sostituto d’imposta: l’ennesima ingiustizia

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Il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, chiede con forza di eliminare il sostituto d’imposta.

Sapete chi è il sostituto d’imposta?

Supponiamo che Mario sia dipendente dell’azienda Bibo e che ogni anno riceva 200 mila euro: su questo reddito dovranno essere pagate diverse imposte, tra queste l’Irpef (Imposta sulle Persone Fisiche).

Supponendo che l’imposta sulle persone fisiche sia pari al 36%, Mario dovrà versare allo Stato 72.000 euro.

Senza il sostituto di imposta lo scenario sarebbe il seguente:

Azienda Bibo dà a Mario 200.000 €. Mario deve allo Stato 72.000€ di Irpef lo Stato incassa l’Irpef di Mario

Supponiamo invece che l’azienda Bibo sia per Mario il sostituto di imposta, in questo caso avremmo uno step in meno ovvero l’impresa che versa direttamente allo Stato l’imposta sulle persone fisiche:

Azienda Bibo versa allo Stato 72.000€ (l’Irpef di Mario)

La somma relativa all’imposta sulle persone fisiche viene detratta dal compenso lordo che l’azienda Bibo dà a Mario ovvero i 200.000 € e dunque:

Azienda Bibo dà a Mario lo stipendio al netto dell’Irpef. 200.000 – 72.000 = 128.000

Questo è il motivo per il quale tutti i mesi coloro che sono dipendenti di un’azienda ricevono lo stipendio al netto delle imposte che il datore di lavoro versa al posto del proprio dipendente: da una cifra più alta si arriva ad una più bassa.

(Stipendio lordo – Tasse e contributi = Stipendio netto)

Se non ci fosse l’istituto del  sostituto d’imposta cioè l’obbligo per il datore di lavoro di versare i contributi e le imposte afferenti alla retribuzione del dipendente, direttamente agli enti preposti, INPS ed Erario, questi dovrebbe erogarli direttamente al lavoratore come  retribuzione. Poi il lavoratore dovrebbe versarli ai vari enti esattamente come fanno le partite iva.

 

In origine il sistema delle ritenute è stato utilizzato come una misura d’emergenza, varata dai governi nei periodi di guerra, per poter riscuotere immediatamente e anticipatamente le tasse e disporre in tal modo di maggiori entrate per sostenere gli sforzi bellici. All’opinione pubblica, il nuovo impianto è stato invece pubblicizzato sia come semplificativo dei rapporti fiscali che del tutto benefico per i contribuenti.

 

Queste argomentazioni che sono state adoperate a sostegno del sistema del sostituto d’imposta hanno finito per rimodellare le opinioni della gente e distoglierla dal considerare che lo stesso è limitativo della libertà individuale e si risolve in una servitù involontaria a carico dei datori di lavoro. Essi, infatti, mediante siffatto sistema, sono coattivamente trasformati in esattori del fisco e a suo favore devono, peraltro gratuitamente, spendere tempo, fatica e denaro per dedurre e versare le ritenute operate sui compensi ai loro dipendenti. Inoltre, proprio il meccanismo del sostituto d’imposta, impedisce di percepire che le somme prelevate non sono una tassa a carico del sostituto bensì una parte del compenso del lavoratore dipendente ai quali, di conseguenza, impedisce di rendersi conto di quanto l’imposizione fiscale incida sulla loro busta paga e sui loro redditi.

In sostanza, il sistema del sostituto d’imposta da misura emergenziale, pure limitata a un breve periodo di tempo, si è trasformato nel più potente strumento di prelievo fiscale, che riduce oltremodo la trasparenza sull’imposizione e rende anche più facile aumentare le tasse. È una sorta di gigantesca slot machine erariale.

Ogni volta che si affronta il tema costo del lavoro e retribuzione lorda/netta, emerge che la maggior parte dei lavoratori subordinati non sa quanto guadagna davvero, non sa che il suo guadagno è pari a quanto costa al suo datore di lavoro che sia un’ impresa privata o lo Stato, ed è sempre  convinto di  guadagnare la metà di quanto in realtà guadagna.

Di fatto il sistema è complesso e la tassazione con le aliquote progressive non consente di conoscere un’aliquota fissa di rapporto tra retribuzione lorda e netta e tra queste ed il relativo  costo del lavoro.

Inoltre, il sistema di calcolo dei contribuiti, a favore del lavoratore,  ma a carico dell’azienda, ha una aliquota del 30-32%.

 

Una soluzione c’è. Eliminare il sostituto d’imposta, che altera il rapporto di lavoro e la consapevolezza dell’esborso  fiscale e condiziona il rapporto tra lavoratori dipendenti ed autonomi. Consegnare, quindi, al lavoratore l’intero costo del lavoro eliminando il sostituto d’imposta e gli adempimenti burocratici a carico del datore.

Prima di parificare i salari, bisogna  adeguare i rapporti tra lavoratori autonomi e dipendenti. Al contempo si adeguerebbero anche i criteri di responsabilità fiscale.

Si avrebbe così una più giusta contezza dei reali costi del lavoro.

Giuseppe Romito

Italia Liberale Popolare

Movimento Lib

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