Libero Arbitrio

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Che vuol dire essere liberi di agire?

Potrebbe consistere nell’essere artefici dei rapporti di Causa/Effetto sviluppati a partire dalle nostre azioni?

Quanto tale consequenzialità interferisce nella vita di altri e, quindi, con il loro “Libero Arbitrio”?

Esiste il Fato? Il Karma? La Predestinazione? Abbiamo un Destino o ce lo costruiamo?

Noi siamo degli Artefici o degli Spettatori nello spettacolo della vita?

In questo scritto tratteggerò il mio pensiero sull’argomento, con qualche accenno bibliografico, assumendo il rischio di apparire impopolare, ma nel convincimento di aver maturato una personale consapevolezza dall’esercizio di questo ragionamento.

La mente umana, da sempre, ha cercato di definire questa consapevolezza e anche di dirimere i suddetti quesiti esistenziali cercando la “quadratura del cerchio” nella convergenza tra l’Autodeterminazione e l’Ineluttabilità degli eventi a cui crediamo di assistere.

Pongo ancora un dilemma: è giusto, e fino a che punto, interferire con il corso degli eventi e cercare di dirigerne il corso naturale?

Cosa è ‘veramente naturale’?

Quanto i proponimenti che attuiamo, gli interventi che produciamo, sono compatibili e non contradditori con un ordine superiore?

Queste istanze partecipano allo studio filosofico di quello che siamo nella nostra proiezione intimistica, di quello che pensiamo di essere ma che potrebbe non corrispondere ad una realtà generale in una visione spirituale olistica, proiettata in una ‘dimensione multivalente’.

Potremmo ritenerci, ad esempio, uomini giusti secondo un concetto personale di Equità o di Etica.

Ma cosa è equo e quanti si ritroverebbero nel nostro concetto di Etica?

Sono cosciente di lambire quella logica pirandelliana delle visioni multiformi di noi, da parte di terzi, affermando di incarnare un’interpretazione soggettiva del mio ‘Essere percepito’ e di avere delle ‘impronte’ di me corrispondenti a ciascun interlocutore con il quale vengo in contatto, anche solo epidermicamente.

Forse, esiste un indefinito numero di ologrammi, che corrisponde univocamente alla nostra esistenza, generato da tutte le potenziali interpretazioni di essa che possono non essersi ancora concretizzate nel riscontro reale ma che albergano in qualche sorta di entità ipotetica o potenziale.

Parafrasando Pirandello, Io sono Uno, ma anche Nessuno o Centomila.

A titolo di esempio allora, se io non sono nemmeno soltanto ciò che ho determinato di essere, ma sono il frutto di ciò che è partito da me, ma che è diventato tutt’altro ‘toccando’ miliardi di enti nei mondi attraversati, come potrei pensare di realizzare ciò che ha propugnato quell’essere multivalente e che si è diramato, a partire da me, in molteplici declinazioni enne-dimensionali?

Sarei un’immagine che si contorna in funzione dei riscontri maturati in quelle infinite ripercussioni suddette, più o meno concrete.

Ecco che, alla luce di queste riflessioni, il Libero Arbitrio trova una sua forma solo entro una singola dimensione nelle infinite possibilità.

Ognuno di noi è un treno che conosce solo il binario che sta percorrendo, addirittura suscettibile di assumere ogni forma che ciascun angolo visuale gli consente.

Nella metafora ferroviaria quel convoglio crede nelle sue capacità plenipotenziarie ricondotte all’energia impressa al suo meccanismo motorio, ma perde la visibilità della restrizione direzionale scolpita dalla pre-impostazione progettuale delle rotaie, dalla disponibilità energetica riservata al propulsore e concessa da chi lo conduce, di cui il nostro ‘treno’ è all’oscuro.

 

 

 

Nell’aleatorietà del capoverso precedente sono compresi quegli scambi, manovrati dagli orchestratori, che operano nell’arbitrarietà di modificare il corso della vita delle persone, così come un programma ferroviario corregge il percorso del convoglio.

Forse oggi noi siamo una locomotiva in mano a dei ‘macchinisti-burattinai’, i quali hanno occhi dove noi non vediamo, autonomia dirigista dove noi ubbidiamo esclusivamente a impulsi elettrochimici e ad un orario teorico che impulsa i nostri ritmi circadiani e, sempre più, pure quelli mentali.

E’ questo il Libero Arbitrio?

Qualcuno può affermare l’eventuale esistenza quantistica nell’Universo di ‘schizzi quantici’ di noi negli infiniti ambiti di esso?

Possiamo dirigere almeno un’istanza della nostra essenza universale senza interferire con tutte le altre nostre o di quelle di altri?

Esistono riflessi parziali di noi anche su tutte quelle, affinché ciascuna abbia una memoria dell’altra?

Cosa dicono i testi sacri, biblici, filosofici, letterari sull’argomento?

 

BIBLIOGRAFIA

Agostino d’Ippona, Aurelius Augustinus Hipponensis; (Tagaste, 13 novembre 354 – Ippona, 28 agosto 430) è stato un filosofo, vescovo e teologo romano di origine berbera e lingua latina.

Conosciuto anche come sant’Agostino, è Padre, dottore e santo della Chiesa cattolica, detto anche Doctor Gratiae (“Dottore della Grazia”). E’ stato il padre della Patristica che, in contrapposizione all’Apologetica ha spianato la strada all’Esegesi delle Sacre Scritture, uno dei primi atti di concessione all’Uomo di un reale Libero arbitrio come interpretazione soggettiva dell’oggetto mistico.

Era pure un filosofo precursore di un pragmatismo non manicheo. Egli rifuggiva l’opinione che riconduce il dualismo in unità. Applicato al concetto del Merito, diviso in Bene e Male sostituì, in estensione alla filosofia di Plotino, la teoria della “Reminiscenza delle Idee” con quella “dell’Illuminazione divina”. In osservanza a ciò, concepì la creazione dell’universo non semplicemente come un processo necessario, tramite il quale Dio (plotinianamente) si manifesta e produce se stesso, ma come un Libero atto d’amore, tale cioè che si sarebbe anche potuto non realizzare. Sarebbe la ‘scelta di un Saggio ’. Ma soprattutto, il Dio di Agostino non è quello impersonale di Plotino, ma è un Dio vivente che si è fatto uomo e che ha assunto scientemente una decisione ponderata.

E’ questo il punto di congiunzione tra la Teologia e il Raziocinio più razionale?

Ecco il Libero arbitrio di una predisposizione ascetica e umanitaria di portata divina ma alla portata dell’Essere umano, finalizzata all’obiettivo in cui si crede, non necessariamente quello ascritto al Bene assoluto da leggi divine vergate su tavole sacre, impronunciabile quanto incontestabile.

Il discernimento tra l’opportunità benefica e l’inadeguatezza è il Tema del Libero Arbitrio.

All’amore ascensivo, proprio dell’Eros greco, Agostino avvertì l’esigenza di affiancare l’amore discensivo di Dio per le sue creature, proprio dell’Agape cristiano, immenso e disinteressato.

Il Libero Arbitrio, per me, consiste nel demarcare il personale criterio di scelta tra il Bene e il Male, non come concetti assoluti ma come ideazione del proprio progetto di esistenza in vita.

Ognuno di noi ha messo una linea di confine tra quei due concetti in un punto stabilito da noi e con la nostra vita verghiamo un solco netto sulla pergamena dell’Umanità che sarà tanto più persistente quanto più ci avremo creduto, in aggiunta a quanti altri l’avranno condivisa, ricalcando così quell’incisione.

Magari la pergamena potrebbe essere già presente nei disegni universali, che possiamo chiamare Dio, ma con il mio Libero Arbitrio potrò incidere un po’ di più sul solco di ciò che ho amato perseguire, in quel Piano entro cui ho eternato il ‘puntino’ che corrisponde al mio esserci stato in funzione del pensiero offerto. “Ego cogito, ergo sum”.

La memoria dei miei sforzi, dei miei sacrifici, delle mie passioni sposterà nettamente anche se impercettibilmente l’ago della bilancia in cui il Bene è ciò che si propugna sinceramente e il Male consiste nel suo contrapposto.

In questa prospettiva, mi sento un Libero Arbitro e non soltanto un Attore improvvisato sulla scena del mondo.

Eppure tali concetti fondamentali non sono scolpiti nella lastra della verità perché si alternano sull’asse cartesiano del Merito, essendo in perenne alternanza valoriale sulla scala dei Tempi, rientrando ciclicamente prima nell’uno e poi nell’altro polo durante la nostra esistenza.

I riflessi, nel merito, sono anche mutevoli agli occhi e nella percezione degli altri.

Sono queste le dimensioni che fanno ruotare il poliedro del Merito nelle nostre prospettive.

Panta Rhei, secondo Eraclito. “Tutto scorre” e, in ciò, anche il senso della Virtù.

Testimonianze apparentemente più disimpegnate di quella di Eraclito le riscontriamo nei testi letterari moderni e anche nella canzonette, frivoli editti di cantautori, come moderni araldi della cultura contemporanea, anch’essa basata su un credo contingente ai Tempi.

Cito Franco Battiato, tra i più illustri: «Il libero arbitrio è una nostra grande opportunità, ma non è capriccio. Dev’essere teso a ritrovare coscienza».

Per questo filosofo moderno il Libero Arbitrio era una scelta cosciente di Vita che travalica la morte!

Così Socrate scelse di darsi la morte, non accettando l’esilio né il disonore della fuga, dando senso alla sua vita come espressione arbitrale del suo Libero pensiero.

Pure la ponderazione sofferta dell’eutanasia è l’opzione dovuta di darsi la morte. Essa è vista da taluni fondamentalisti del “Diritto alla vita” come un Male ma potrebbe essere l’espressione suprema della propria decisione di definire anche i limiti temporali della propria Vita e, come scelta di dignità, rappresentare una sfaccettatura del Bene, non consentendo ad altri di attribuirci ciò che ritengono sia un Bene per noi, sconvolgendo il pensiero arbitrale nella degenerazione dell’arbitrario.

Non c’illudiamo che la scelta del momento di morire sia esclusivamente nelle mani di un Ente superiore perché siamo così impregnati di artifici sanitari che anche un’aspirina e, a maggior ragione, una terapia salvavita e una bombola di ossigeno, sono dei palliativi che prolungano la vita oltre quel limite romantico dell’imponderabile.

Il Libero arbitrio, quindi, per me consiste nell’attribuire un peso ponderato al Bene e al Male.

 

Mi piacerebbe godere di tante possibilità vitali quante sarebbero costituite da tutte queste opportunità multicentriche, anche per non avere addosso interamente la responsabilità dei tanti errori commessi nel corso della mia esistenza, attualmente monitorata da questa vita cosciente.

Mi consolerebbe risalire a infinite ‘seconde possibilità’ correttive delle scelte fallaci che ho commesso, invece andate a buon fine in qualche altra vita, magari, o su un riflesso della stessa in tutt’altra dimensione.

Perseguo anche il sogno atavico di ritrovare un giorno i cari estinti, sorprendendomi che non lo siano mai stati. Piuttosto, scoprirei che erano soltanto occultati al mio spiraglio visivo, sbirciato dalla visuale di una coscienza limitata.

Di contro, questo mio limite umano mi concede la dignità puntuale di assumermi la responsabilità almeno di una di quelle mie entità.

 

Sarò ‘eternato’ finché esisterà almeno un mio omologo e il ricordo di esso in una qualsiasi delle mie vite e pure in ciascuna di quelle degli altri che ho conosciuto.

In fondo, noi siamo la rappresentazione attuativa di ciò che abbiamo desiderato di essere e che ci è stato concesso di credere di essere diventati, anche se indotti da una forza propulsiva trasfusa dall’esterno e da cambi di direzione a cui abbiamo assistito inconsapevolmente.

Propongo la mia, come una delle tante possibili definizioni del Destino:

Il Destino è una sceneggiatura che abbiamo imparato così bene a memoria che ci sembra proprio di averla scritta noi”!

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