Chi è Steel Tech? E’ una azienda del coratino, nata nel 2006 da precedenti iniziative d’impresa, sin dal 1973, di produzione artigianale di serbatoi per agro alimentare, ben integrate nel tessuto territoriale per soddisfarne il fabbisogno. Di quelle precedenti artigianali iniziative d’impresa, in Steel Tech, è rimasto solo un affettuoso ricordo perché, oggi, l’azienda è una impresa industriale, a tutto tondo, fortemente competitiva.
Infatti, che si potrebbe dire di una azienda da circa 6 milioni di euro; con un fatturato stabile anche nel periodo di crisi della pandemia e della guerra; il cui mercato si è evoluto dal territorio coratino alla Italia del Nord (80%) e all’estero (10%); il cui prodotto soddisfa non solo l’agroalimentare ma soprattutto i più disparati settori industriali; … se non che sia fortemente competitiva?
Il suo prodotto, serbatoi in acciaio inox, garantiti da ogni certificazione necessaria e opportuna, di taratura industriale, di qualsiasi dimensione, adatti in qualsiasi contesto, sono oggi diffusi ovunque. Allora, non ci resta che andare a conoscere l’amministratore delegato di Steel Tech perché vogliamo rivolgergli, come imprenditore, alcune domande, soprattutto sul “SUD tutto ZES”; ma soprattutto perché ci incuriosisce la persona, visti i risultati. Lo incontriamo allo stabilimento di Corato, in via Vecchia Molfetta.
Si chiama Alfonso Cialdella. La prima sorpresa è la sua età: ha superato da poco i quarant’anni; per la precisione 43. E, poi, non sembra affatto un “rampollo rampante” ereditiero. Anzi, sembra che abbia le idee molto chiare su cosa sia Impresa e cosa serva al Sud per la crescita economica e lo sviluppo sociale. D’altra parte, in Steel Tech, ha fatto tutto lui dal 2006 (insieme ad un Consiglio di Amministrazione di sapore non burocratico ma da team vincente, composto da personaggi d’eccellenza quali Vito e Aldo Maldera, che presto intervisteremo), finanche costituire un ufficio (lo chiama “ufficio Giusy”) per l’innovazione e la progettualità europea quando il SUD non è capace di intercettare i fondi europei per mancanza di progetti. E abbiamo saputo anche che Alfonso Cialdella ricopre il ruolo di Presidente dell’area territoriale “Bari, Bat, Foggia” della Confimi (Confederazione Industria Manifatturiera Italiana). A far le domande, abbiamo cominciato da qui.
Ecco cosa abbiamo chiesto, ottenendo risposte non logorroiche ma essenziali.
Come mai si trova in Confimi?
Ci troviamo in Confimi perché il focus di ogni competitività industriale, sia per le PMI che per le grandi aziende, è la manifattura. E’ questo il nòcciolo che traina tutto il resto. Abdicare alla manifattura, significa porre i fattori del tuo successo in mano a terzi. Il che significa che è meglio cambiare lavoro.
Come mai l’attuale mercato di rifermento di Steel Tech è quello del Centro Nord?
Qui c’è tutta la strategia della nostra azienda. Prima di tutto dobbiamo parlare di margine, di guadagno. Il mercato meridionale è caratterizzato da un fabbisogno di prodotti di piccole dimensioni, tendenzialmente orientato all’agroalimentare, frazionato, in perenne difficoltà e, soprattutto, con alta concorrenza e bassa barriera all’ingresso. Pensi che, solo a Canosa, le imprese che producono serbatoi sono addirittura cinque, oltre la nostra. Si fa la lotta dei prezzi e i margini sono bassi. Ciò pone a rischio ogni tentativo di crescita che diventa, pertanto, velleitaria. Viene frustrata l’ambizione, la voglia di fare; vengono mortificate le idee.
Quindi, vi rivolgete a mercati più redditizi?
Certo. Ci rivolgiamo a mercati più redditizi e, pertanto, più competitivi. E noi qui, siamo più penalizzati. Mancano le infrastrutture, mancano i servizi, manca una offerta di territorio che ci consenta d’essere competitivi. Pensi che, per approvvigionarci della materia prima, l’acciaio inox, i nostri fornitori sono al Nord d’Italia e in Europa. Già i trasporti logistici incidono parecchio, sia per ricevere materie prime sia per spedire i prodotti in vendita. Ma incide parecchio anche il trasporto della energia elettrica che si produce qui, nel meridione e non si capisce perché debba costare come al Nord. Qui non c’è trasporto.
I sintesi, se al Nord basta un buon imprenditore, al Sud bisogna essere un ottimo imprenditore, per avere qualche risultato. E’ più difficile intraprendere nel Mezzogiorno che nel Centro Nord. Da qui nasce la frustrazione dell’impresa meridionale. Se vendiamo in casa d’altri, vuol dire che non siamo bravi, siamo eccellenti. Ma ciò’ costa, parecchio.
Poche e sintetiche frasi, le sue, ma sono anche, crediamo, l’indicazione di un cambio di paradigma per una politica del Mezzogiorno che ha fallito finora…
Certo. E’ così. Non vogliamo favori, non vogliamo elemosine, non vogliamo soldi, non vogliamo vantaggi. Non vogliamo essere criticati perché ci comportiamo da noiosi questuanti. Sappiamo fare da soli. Ma chiediamo che vengano realizzati i fattori di equilibrio per mettere le imprese d’Italia tutte alla pari. Chiediamo che il SUD possa fruire delle stesse condizioni che sono offerte in altre parti d’Italia. La competitività di Steel Tech costa di più della stessa competitività realizzata da una azienda del Centro Nord. E ciò significa minori margini e maggiore fatica.
Sosteniamo con forza che non è un problema di uomini, ma un problema di scenario strutturale. E’ lì che lo Stato deve intervenire: certo ci vorrà del tempo, ma bisogna cominciare. E’ il momento propizio.
Lo Stato però ha già cominciato. L’ipotesi di fare di tutto il SUD una unica area ZES non è un fatto positivo che va nella direzione da lei prospettata?
Si, è vero. Ma la questione non è solo normativa. Facciamo l’esempio della Cassa per il Mezzogiorno: c’era addirittura un Ministero. E’ stato il fallimento della gestione. Le imprese del Nord sono venute al SUD per realizzare, hanno assunto. Poi, finita la realizzazione, hanno licenziato e se ne sono andate lasciando quei manufatti che sono passati alla storia come “cattedrali nel deserto”. E il divario Nord/Sud si è allargato. Ecco, questo potrebbe essere un esempio di fallimento anche per l’ipotesi ZES. L’obiettivo non dovrebbe essere “realizzare”, ma “favorire” la crescita dell’impresa al SUD, delle PMI che è la caratteristica italiana. il che non è solo questione di soldi che sono importanti, ma vanno in secondo piano. Il rischio di un fallimento delle ZES c’è tutto.
Come Confimi daremo tutto il supporto della nostra esperienza se dovesse esserci chiesto.
Ci siamo ripromessi di intervistare ancora il Presidente Alfonso Cialdella su questioni d’impresa perché la sua esperienza, genuina e pratica, integra, a nostro parere, le possibili iniziative legislative del governo.
L’obiettivo di noi tutti è la crescita economica e lo sviluppi sociale del SUD: questione che porta vantaggi competitivi, anche internazionali, a tutto il Paese.
Antonio Vox