A Caivano l’Esercito Italiano va affiancato da quello Napoletano

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Ho cercato di restarne fuori con tutte le mie forze. Lo giuro! Ma la polemica tra Don Patriciello e Roberto Saviano sulla presenza-passerella dello Stato a Caivano non può essere lasciata in bianco, come una cambiale. Anche perché una cambiale è un impegno (economico) che si basa sulla fiducia, e a me il santone di Manhattan non ne da per niente.
Non entro nella polemica tutta italiana da gallinaio politico tra destra e sinistra, innanzitutto perché è inutile fumo, e poi perché si viene trascinati sul suo campo preferito, finendo per lanciarsi reciproche accuse di essere servi di partito.
Vantandosene, poi… 

Certo, se i personaggi della serie TV Gomorra hanno creato un modello deviato e deviante della napoletanità che è diventato un riferimento, allora Mr. Saviano non può fare l’indifferente. Dunque, unitamente a quella “cosa ‘e sord'” ricavata dalla svendita della sua terra e della sua identità, si prenda anche la corposa cartella delle sue responsabilità, anziché pontificare puntualmente sulla qualunque, come fosse il depositario del verbo. 
Ma lo spunto di riflessione che offro da qui a chi conservi ancora un minimo di giudizio, riguarda lo sforzo unitario che occorre fare per battere il nemico.
E lo dico con forza: adesso basta, ma veramente basta!  

Qui c’è bisogno che le istituzioni agiscano con rispetto e strategie comuni, lasciando altri e meno impegnativi fronti aperti ai toni delle (eterne in Italia) campagne elettorali. 
Ha ben detto Ciro Corona, nella scorsa settimana, proprio da queste pagine: qui lo Stato centrale c’entra fino a un certo punto, sono le istituzioni locali che devono darsi da fare in maniera seria, concreta e continuativa. 
E allora, anziché fare la classifica dei buoni e dei cattivi, mettiamoci tutti attorno a un tavolo. 

Purtroppo la classe politica locale, come quella centrale d’altronde, preoccupandosi del consenso e della riconferma a stretto giro, più che del sociale il quale ha bisogno di tempi adeguati, volta la faccia a qualsiasi strategia che vada oltre la scadenza del proprio mandato, spaventati dal fatto che i meriti vadano a chi verrà dopo.

Allora noi siamo pronti ad aprire un laboratorio che da Scampia fornisca una serie di istanze del territorio alle Istituzioni locali per controbattere, non attraverso uscite ipocritamente spettacolari (e qui siamo d’accordo con Saviano), ma con una serie di interventi di paziente semina che – se partiamo oggi – potrebbero dare frutti preziosi già entro i prossimi 4/5 anni, invertendo tendenze e modelli di riferimento di stampo camorristico.
Toc, toc…ci siete?  

Gino Giammarino

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