Caso Mollicone, la procura generale chiede di sentire 44 testimoni

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La procura generale ha chiesto la rinnovazione dibattimentale nell’ambito del processo di Appello per l’omicidio di Serena Mollicone, la 18enne di Arce deceduta a giugno del 2001. Il sostituto procuratore generale ha sollecitato le audizioni di 44 persone, tra testimoni e consulenti, ritenute “indispensabili” per l’accertamento della verità.

 Un’udienza tecnica quella in programma oggi a Piazzale Clodio. La pubblica accusa è rappresentata dal procuratore generale Andrea Piantoni e dal sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo, che aveva chiesto e ottenuto ricorso contro la sentenza di assoluzione emessa il 15 luglio 2022 per insufficienza di prove nei confronti dei cinque imputati. Siravo era stata pm del primo dibattimento in Corte d’assise a Cassino. Il pubblico ministero, a conclusione delle oltre 200 udienze che hanno costellato il processo, aveva chiesto la condanna per tutti e cinque gli imputati.

Gli imputati – per accuse che vanno, a seconda delle posizioni, dall’omicidio al favoreggiamento – sono Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, il figlio Marco e la moglie Anna Maria. Insieme a questi, tra gli accusati, anche i carabinieri Francesco Suprano (unico degli imputati presenti in aula ndr) e Vincenzo Quatrale, quest’ultimo per l’istigazione al suicidio di Santino Tuzi, morto suicida nel Sorano, poco dopo aver raccontato agli investigatori dettagli importanti ai fini dell’indagine.

Vent’anni di difficili indagini

Serena Mollicone, studentessa liceale, scomparve l’1 giugno del 2001 da Arce e fu ritrovata due giorni dopo, il 3 giugno, in località fonte Cupa a Fontana Liri. Legata mani e piedi e con la testa infilata in un sacchetto del supermercato, morì di asfissia meccanica. Le indagini, proseguite per vent’anni e costellate da difficoltà tecniche, vuoti investigativi e clamorosi errori giudiziari, nel dicembre del 2019 sono sfociate nel rinvio a giudizio dei cinque indagati.

Per la procura di Cassino, Serena Mollicone è stata uccisa in caserma al culmine di un litigio che sarebbe avvenuto nell’alloggio di servizio nella famiglia Mottola. Per questo motivo l’ex comandante, la moglie e il figlio sono stati accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere mentre gli altri due carabinieri, sempre secondo l’accusa, avrebbero saputo di quanto era accaduto ma avrebbero taciuto. La corte d’assise nel tribunale di Cassino, nella sentenza di assoluzione emessa il 15 luglio 2022, aveva ritenuto che le prove raccolte dall’accusa non fossero sufficienti a inchiodare il cinque alle proprie responsabilità. 

Lo zio della ragazza: “Per me i Mottola non esistono”

Antonio Mollicone, fratello di Guglielmo e zio di Serena Mollicone, appena fatto il suo ingresso nella palazzo di giustizia di piazzale Clodio a Roma, dove si tiene l’udienza del processo di appello, accompagnato da Consuelo Mollicone, sorella di Serena e figlia di Guglielmo ha dichiarato: “Inizia una nuova fase, piena di speranza. I Mottola? Per me non esistono, non li voglio vedere”. L’uomo si è poi allontanato con gli avvocati Sandro Salera, Dario De Santis e Antony Iafrate.

La figlia di Tuzi: “Ci aspettiamo giustizia”

“Ci aspettiamo giustizia”, ha detto Maria Tuzi, figlia del brigadiere dei carabinieri Tuzi, poco prima dell’inizio del processo. “Siamo in ansia. Ma siamo anche ottimisti”, ha aggiunto Maria Tuzi, figlia del brigadiere dei carabinieri Santino. I “giudici dell’appello si concentreranno su quelle prove su cui a Cassino hanno sorvolato”, ha concluso. In aula, accanto a Maria Tuzi, sono presenti anche Consuelo e Antonio.

agi

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