Walter Mazzarri – L’uomo che sussurrava (e fermava) il tempo

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Un ritorno controverso quello di Walter Mazzarri sulla panchina azzurra. Da una parte, quelli ipercritici con la SSC Napoli, ai quali – però – spesso non va bene niente, salvo poi sgaiattolare in fondo al teatro per far dimenticare i propri cattivi auspici. Dall’altra, i tifosi che ancora ricordano la famosa “Zona Mazzarri” che – unitamente a numerosi attentati alle coronarie – tante emozioni forti ha regalato al Napoli ed alla sua torcida azzurra.

Una storia che si ripete, il remake di un film già visto, ma che comunque la si veda, ha regalato ai napoletani “momenti di gloria” cambiando volto a una squadra intristita dal lugubre Donadoni come oggi sembra destinato a fare per un team passato dal sogno all’incubo troppo rapidamente perché quello che è passato sotto i nostri occhi nelle ultime settimane possa essere vero.

Il Napoli di Mazzarri, passato dalla mediocrità del semplice ritorno alla massima serie ai fasti incredibili di una Champions giocata a livelli adrenalinici, ancora e sempre contro la negazione del calcio spettacolo costituito dal “sistema-Juventus” che in quegli anni ha ricevuto pesanti colpi a quella spocchia tutta piemontese che guarda alla Francia come esempio e riferimento (anticamente anche a livello linguistico).
Se si estromette Gioacchino Murat, mai i francesi hanno “avuto bene” a Napoli, sul filo rosso del ricordo di quella controrivoluzione che, partendo dalle Calabrie sotto la guida del Cardinale Ruffo, sconfisse la fasulla Repubblica dei giacobini partenopei nel 1799. Quei nobili, anch’essi scimmiottatori della Rivoluzione Francese (quella originale) decadenti e traditori della Patria Napoletana- per intenderci – che avevano accettato l’imposizione della sostituzione del crocefisso con “l’albero della libertà” (!)” e un calendario con i nomi dei mesi cambiati, per esempio, in “piovoso” e “nevoso”: a Napoli !!! 

Un Napoli orgoglioso e fieramente battagliero, con tante ingenuità ma anche la generosità di un campione e atleta vero come Edinson Cavani o il grandissimo argentino, quel “Pocho” Lavezzi che, lungi dall’idea di poter mai un giorno passare nelle fila del “sistema Juventus”, giungeva al limite morale iperbolico di distaccarsi anche dai suoi giocatori in bianconero a centrocampo, in quella sorta di abbraccio ipocrita che precede ogni partita. 
Dunque, non vi affannate a chiedere come vedo il ritorno di Mazzarri sulla panchina azzurra, né a parlarmi degli esoneri e fallimenti: non mi convincerete mai con discorsi tecnici.
Per me il calcio è ancora valori sportivi e fedeltà alla maglia, dunque riconoscenza per chi l’ha servita, e bene.

Per me, Walter Mazzarri significa – come nella foto sopra – quell’indicazione del quadrante dell’orologio, emblematica di chi lotta e “ci crede” fino all’ultimissimo secondo.
Di quelli che si dicono “professionisti” solo quando devono rivedere un contratto o in conferenza stampa sento dichiarare “…siamo stati bravi, dobbiamo andare avanti partita dopo partita…”, secondo quel lessico politicamente corretto omologato che ha investito e rovinato anche lo sport, beh, francamente me ne infischio (come Red Butler nella scena finale di “Via col vento”).

Gino Giammarino

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